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ester fuoco

né qui, né ora: peripezie mediali della performance contemporanea ledizioni ledipublishing, milano, 2022, pp.200

isbn 978-8855267502


di riccardo notte

fresco di stampa, “né qui, né ora: peripezie mediali della performance contemporanea”, con l’autorevole prefazione di steve dixon, è l’ultimo lavoro di ester fuoco, ricercatrice in histoire et sémiologie du texte et de l’image presso l’université sorbonne paris cité – diderot e attualmente professore a contratto presso l’università degli studi di genova e l’accademia di belle arti santa giulia di brescia e collaboratrice didattica all’università iulm di milano.

dixon, nella prefazione, non a caso si sofferma sul termine ‘peripezie’ del sottotitolo, di ascendenza aristotelica. infatti, all’inizio dell’undicesimo capitolo della  poetica, com’è noto lo stagirita scriveva: “peripezie è il mutamento improvviso, nel modo che s’è detto, da una condizione di cose a una condizione contraria; e anche questo mutamento è sottoposto […] alle leggi della verosimiglianza o della necessità”. in effetti, ogni peripezia, anche etimologicamente, è un ‘cadere dentro’ una insidia, ma nel teatro corrisponde al colpo di scena.

peripezia è dunque la caduta che segue lo scandalo (scandalon, cioè ‘inciampo’), che in questo caso, applicandosi alla performance, assume un significato tanto ontologico quanto teoretico. d’altronde ‘teoria’ e ‘teatro’ hanno in comune la stessa radice. la differenza, però, viene dalla specificazione: il medium – nota ester fuoco - è tutto ciò che ‘sta fra’ (quindi separa) ma che al contempo congiunge entità differenti; ma bisogna specificare fino a che punto si può spingere tale interazione con le tecnologie, soprattutto con le tecnologie di comunicazione.

“molte forme di tecnologia hanno svolto questo ruolo di ‘colpo di scena’ nella storia umana, operando trasformazioni colossali nel modo di vivere e nello sviluppo delle culture e delle società”, scrive dixon. ogni tecnologia  ha prodotto vere e proprie rivoluzioni, però sovente sotterranee, ‘inavvertite’, perlomeno al loro stato nascente; ma epocali quando analizzate ex post. certe sperimentazioni del teatro contemporaneo e della performance, o le rispettive derivazioni che intercettano i potenziali non ancora espressi delle nuove tecnologie, materializzano queste pietre dell’inciampo: ostacoli sensoriali e/o mentali che ci fanno cadere, nostro malgrado, in un mondo di relazioni tanto inaspettato quanto perturbante. il problema è che in fondo al pozzo in cui si cade c’è sempre un ‘altro’, meglio ancora, nel nostro caso, qualche tipo di ‘alterità’ per eccellenza. l’artificiale.

dixon richiama aristotele, e a ragione; perché questo volume di ester fuoco è pieno di spirito aristotelico; intanto per lo stile dell’indagine, analitico e categoriale. dopo un’accurata valutazione della letteratura scientifica sull’argomento, dagli esordi fino ai giorni nostri, l’autrice esamina il complesso percorso delle sperimentazioni performative dell’immediato passato e di quelle in atto, articolandolo nei numerosi ambiti tecnologici possibili, dalla realtà virtuale alla cosiddetta intelligenza artificiale fino alla robotica avanzata. per la descrizione delle varie forme espressive e personalità operative si rimanda alla lettura del testo, non solo per non far torto ad alcuni a vantaggio di altri, ma anche perché le soprese, per chi non addetto ai lavori, sono molte e non di rado sconcertanti.

siamo davvero in un territorio di frontiera delle esperienze estetiche (e non solo) contemporanee. al centro dell’indagine vi è la ridefinizione radicale del corpo, dei suoi organi, dell’orizzonte dei sensi e della stessa mente, poiché  tra artifex e artificium nei fatti non esiste più solo semplice interazione, per quanto stringente. al contrario, esiste, ed è sempre più polese, una vera e propria (e reciproca) internalizzazione. ciò che è accaduto ai sistemi biologici conosciuti (si vedano le teorie di lynn margulis e la loro generalizzazione ad opera di maynard smith e szathmary) sta ora avvenendo con ciò che ancora definiamo, erroneamente esternalizzandolo, l'ambiente delle tecnologie integrate.

in realtà, tutti gli esseri viventi sono sistemi complessi e stratificati: e gli umani, grazie alle particolari facoltà fisiche, sensoriali e cerebrali sviluppate nel corso di una tortuosa storia evolutiva, lo sono straordinariamente. non fosse altro per il fatto che nel corso delle ere si sono adattati ad esprimere, sia singolarmente che collettivamente, peculiari capacità di assorbire ciò che essi stessi hanno creato nel tempo (le forme tecniche) rendendole contemporaneamente parte integrante della ‘propria’ natura. concezione – questa - già presente in arnold gehlen e, nello specifico ‘estesiologico’, nel pensiero di helmuth plessner; ma oggi ripresentata e ampliata, ad esempio, per quanto riguarda l’integrazione con la struttura esterna simbolica, dall’antropologo roger bartra, che discute sulle facoltà dislocate di ciò che egli definisce l’‘esocerebro’.

dunque, siamo molto più complessi di qualunque altro fenomeno naturale conosciuto, e su ciò nulla quaestio. una stratificata e complicatissima serie di interazioni immerge ogni sistema ‘individuo umano’ in una sempre più sviluppata e intricata rete di sistemi cosiddetti ‘artificiali’, cosicché non è data alcuna azione singola o collettiva che non sia il risultato di integrazioni (sempre in divenire) tra le migliaia, se non addirittura i milioni di sistemi complessi presenti nell’habitat. ad ogni istante, tale interazione e ‘integrazione’ genera il ‘mondo’, dal quale, poi, dipende la nostra stessa sopravvivenza. ma occorre chiarire che non esiste da una parte il ‘noi’ (o peggio ancora l’‘io’) e dall’altra il ‘mondo’, con tutti i suoi sistemi e sottosistemi separati dal ‘noi’ (e quindi dall’‘io’). ciò che esiste, che si genera, e che si evolve, si trasforma, si complessifica oramai vertiginosamente, è un insieme integrato. non esiste differenza razionale fra il contesto dei fattori umani esterni, cioè tecnologici, e quelli interni, psicologici, sociali, culturali. muovendo dallo studio approfondito di quella interzona tra la teoria e la prassi che è il teatro performativo d’avanguardia, il libro di ester fuoco, vero e proprio indispensabile vademecum,  chiarisce vari aspetti di tale nozione.

numero 1
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