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a cura di franz smola, rudolf leopold 

schiele e il suo tempo 

skira, milano 2010, pp.184
isbn 9788857205700


arthur roessler

egon schiele. diario dal carcere 

skira, milano 2010, pp.72

isbn 9788857205977


di anita pepe

se proprio bisogna rimproverare qualcosa a questo catalogo, è la mancanza di audio. già, perché la mostra “schiele e il suo tempo”, baciata nel 2010 a milano da oltre 100mila presenze in 103 giorni di apertura, offriva una colonna sonora di tutto rispetto. nelle sale al pianterreno di palazzo reale, in un percorso ricco di apparati didattici, la playlist (puntualmente indicata) lasciava che fossero strauss, mahler e berg ad accompagnare i visitatori non in una monografica tout court, bensì in una passeggiata nella finis austriae attraverso opere provenienti dal leopold museum di vienna. ed era affascinante vedere come un impero al tramonto offrisse in quegli anni frutti vitalissimi non solo alle arti visive, ma anche alla musica, alla letteratura e alla psicanalisi (di cui fu culla). di questo fecondissimo cupio dissolvi restano nell’opera di schiele le tracce più lancinanti e laceranti. il segno convulso e nervoso, la linea spigolosa, il colore spesso steso in macchie livide, come tumefatto riverbero a fior di pelle di una complessa interiorità individuale e collettiva. 

un’urgenza che il catalogo proclama fin dalla copertina, con una rielaborazione grafica dell’autoritratto con alchechengi, anno 1912: aria spavalda e insieme insicura, ciuffo folto e ribelle, sopracciglia inarcate, egon è qui, subito in primo piano. pronto poi a rivelarsi pagina dopo pagina, dal noto erotismo greve e morboso alla meno conosciuta vena mistica de gli eremiti; nature morte e paesaggi che sfiorano le avanguardie, oppure la poderosa madre cieca in posa da contorsionista, in una prevalenza di toni bigi accesi di tanto in tanto dallo squillo del rosso. 

rigidamente separati da schiele, i suoi “compagni di strada”, in primis gustav klimt, insieme a leopold blauensteiner, herbert boeckl, hans böhler, albin egger-lienz, anton faistauer, richard gerstl, albert paris gütersloh, oskar kokoschka, anton kolig, carl moll, koloman moser, max oppenheimer. oltre alle asciutte schede relative alle opere, completano il catalogo sintetiche biografie degli artisti presenti e una bibliografia essenziale. ad introdurre l’opera del “protagonista”, il saggio di rudolf leopold, mentre “la pittura austriaca nella collezione leopold dallo jugendstil all’espressionismo” è oggetto della trattazione di franz smola.

quasi in ideale pendant con il catalogo, in occasione della mostra milanese spiccava nel bookshop il diario dal carcererelativo alla detenzione di tre settimane subita dal pittore ventiduenne nella piccola cittadina di neulengbach, con l’accusa di aver sedotto la quattordicenne tatjana von mossig (va da sé che il ritrovamento di acerbi nudi nell’atelier, o la stessa convivenza more uxorio di schiele con la modella neodiciottenne wally neuzil non giovarono alla sua discolpa). da leggereprima l’onesta postfazione di federica ammiraglio, che punta a ridimensionare il cliché del genio maledetto, mettendo soprattutto in luce il “contributo” dello scrittore e critico d’arte arthur roessler, tanto pesante da sollevare perfino dubbi sull’autenticità del testo. una manipolazione finalizzata ad avallare, quattro anni dopo la sua scomparsa (il diario venne infatti dato alle stampe nel 1922), la leggenda del maudit perseguitato e incompreso (e, a pensar male, a farne salire le quotazioni). teatrale, diviso fra retorica e autoapologia, il libretto pare risolversi in un’esaltazione romantica del sacro ruolo dell’artista, che tutto sublima e trasfigura, titano solitario contro l’insipienza del volgo profano. 

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