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stefano taccone

morfeologie

illustrazioni rose selavy

casalnuovo di napoli, iod, 2019 pp.94

isbn 97888599392789



di nicola fanizza

morfeologie, scritto da stefano taccone, è un libro di rara bellezza. i suoi dodici brevi racconti danno voce ai fantasmi che di solito sopravvivono (più o meno nascostamente) sull’esergo della nostra coscienza. si tratta di una zona di confine, di uno spazio prezioso, poiché mette in connessione la materia e lo spirito, l’immaginazione che si nutre di colori e la pura ragione che, invece, privilegia le idee prive di incrostazioni materiali.

il titolo è intrinsecamente motivato. morfeo è, infatti, la divinità del sonno e del sogno. per molti versi è il dio del non più e del non ancora: indica, infatti, il transito, il lavoro onirico che mira a plasmare in forme l’effervescenza magmatica della nostra immaginazione. non è un caso che le immagini nel sogno sono sempre giustapposte: manca ai sogni la struttura ipotattica che appartiene invece solo al logos.

il sogno si configura come lo spazio in cui da una parte vanno in scena le paure e le angosce della nostra vita e, dall’altra, come ciò che consente ai nostri desideri di assumere una forma. e cos’è la forma se non una ricerca di senso?
sin da quando siamo piccoli il senso non dobbiamo cerarlo, poiché ci è già dato dal corredo simbolico che proviene dalla nostra tradizione. tutte queste rappresentazioni si sedimentano nel nostro immaginario, che si configura come un deposito di simboli e di prescrizioni che alimentano i nostri sogni. si tratta tuttavia di rappresentazioni che a volte sono contraddittorie. da qui l’esigenza del potere di colonizzare il nostro immaginario facendoci sognare i suoi sogni, ossia i sogni di dominio.

accanto ai sogni che ci sognano, vi sono (fortunatamente!) anche sogni in cui si dà il groviglio dell’esistenza. così vengono rappresentate le contraddizioni che agitano la nostra vita, ciò che è certo diventa incerto, le maschere del potere possono trovare il loro contraltare nel desiderio di felicità, nell’esigenza di essere uomini e donne sovrani; viene revocato in causa il discorso canonizzato della polis, con le sue prescrizioni che trasformano gli altri in grilli parlanti, ossia nell’inferno.

l’informe, gli scarti che si agitano sull’esergo del sistema, i fantasmi delle nostre

esistenze in burrasca possono trovare proprio nel sogno nuova vita proprio perché trovano in esso una nuova forma. quella che a essi taccone dona con la sua arte.
il sogno è sempre premonitore. a volte ci mette in guardia sulle trame del potere. un potere che, attraverso i suoi dispositivi e le tecniche di assoggettamento, tende sempre più a trasformarsi in dominio.

la tendenza del potere a diventare onnipervasivo alimenta in particolare gli incubi del protagonista del racconto giudizio globale. quest’ultimo, grazie all’occhiuta vigilanza perpetuata dal potere nelle aule scolastiche mediante il registro elettronico e la lim, viene chiamato, improvvisamente, a rispondere dei suoi « psichici».

da qui l’invito a non sottovalutare i pericoli derivanti dall’uso delle nuove tecnologie. la sovranità è inalienabile, non può essere in alcun modo ceduta. in un mondo sempre più invaso dal voyeurismo elettronico e televisivo, diventa imprescrittibile il diritto di ciascuno alla propria dose di opacità. conviene che una parte della nostra vita permanga sempre e in ogni modo sotto la linea di galleggiamento!

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