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giorgio moio

luciano caruso: un poeta all’avanguardia

luciano caruso nasce a foglianise (bn) nel 1944. a napoli (città dove si trasferisce sin da bambino per motivi di lavoro del padre ‒ portiere in uno stabile ‒ e dove cresce ed opera fino al 1976, prima di trasferirsi a firenze dove è morto, per un male incurabile, nel 2002) si è appena conclusa l’insurrezione popolare passata alla storia come “le quattro giornate di napoli” (27-30 settembre 1943) contro i tedeschi liberandosi dalla loro occupazione, divenendo la prima tra le grandi città europee, a mettere in atto tale azione. la ribellione e lo “scatto in avanti” coinvolgerà più avanti, tra gli anni ‘50 e ’60 anche la vita culturale della città partenopea, ed uno dei protagonisti di quello straordinario momento d’avanguardia sarà proprio luciano caruso, come vedremo più avanti. dunque, caruso diviene napoletano per formazione, ma porta con sé quell’indole ribelle tipica della napoletanità, e il suo rapporto con la città, in particolare con le istituzioni e la politica locale, sarà sempre conflittuale. questo conflitto (non solo esteriore) fa si che gli venga rifiutata (ampiamente promessa) la cattedra di assistente alla facoltà di lettere e filosofia dell’università di napoli, dove si forma in filosofia sotto l’insegnamento di intellettuali di grande spessore (salvatore battaglia, francesco compagna, giuseppe galasso, per citarne alcuni) e del latinista francesco arnaldi, per – diciamo così – incompatibilità con l’ambiente accademico che lo ritiene un guastafeste, uno poco allineabile e/o malleabile: nasce in egli l’insoddisfazione per ogni soluzione pacificatoria e l’esigenza di trovare compagni di strada che sentano il bisogno di trasferire la guerriglia culturale nell’espressione artistica. e tira a campare optando per l’insegnamento negli istituti superiori.

in uno scritto (con la fedele macchina da scrivere e correzioni, pubblicato chissà dove: luciano, per sua ammissione, è ritroso verso i computer, lui ama scrivere a mano o – appunto – con la macchina da scrivere) che campeggia sul retro di una lettera speditami il 12 febbraio 2001, si evidenziano i lineamenti di una cultura vacua, che luciano avverte non solo a napoli, in quanto non agisce nel dissenso, ma naufraga indegnamente verso il dissolvimento di se stessa. tuttavia caruso non è «convinto che la cultura di oggi incida ma sia tutta agita e vissuta da altro, tanto più che non esistono, né sono mai esistiti, “scrittori veri” che non fossero (e menomale) pieni di malizia, a differenza di scrittori che si autocandidano a funzionari più o meno importanti del sistema, come ad esempio vassalli, che certo sono maliziosi ma non sono o non sono più scrittori. e via, con il gioco degli specchi, che nasconde solo la normalizzazione forzata e la “cultura” ridotta a gioco di società per qualche su persiste mecenate, un po’ rincoglionito ma sempre ringhioso all’occorrenza, che s’inventa editore, collezionista e quant’altro colpisca la sua fantasia.

disfatta, deriva, fallimento che senso hanno e, soprattutto che senso gli diamo noi in un mondo che non riconosce più la dialettica e la dignità del dissenso e dello scontro? di fronte al naufragio della cultura di ricerca non serve l’indignazione morale, ma occorre una tensione morale che faccia spinta per esaminare con occhio disincantato il dissolvimento delle istanze di egemonia che pure quella cultura, anche per bocca della nostra generazione, aveva avanzato. si tratta di capire non solo dove si è sbagliato, ma di applicare una filologia spietata, capace di mettere a nudo e far saltare i nodi delle contraddizioni».

sembra non scalfire più di tanto nel giovane caruso la bramosia di “guardare avanti”. questa convinzione muove anche dal suo interesse per le ricerche di pittori quali burri e manzoni. da qui l'uso della scrittura manuale o stampata su carta intonsa strappata o stropicciata, rispettata o manomessa con cancellature o macchie, assemblata con oggetti estranei o quotidiani di recupero (foglie, cortecce, corde). che era predestinato a cambiare il volto culturale di una città ancora legata al laurismo, fenomeno politico-sociale degli anni cinquanta tipicamente napoletano legato alla persona di achille lauro, editore, armatore e presidente della squadra di calcio cittadina. dunque, in una città e in un ambiente socio-politico votato alla destra che riesce a gestire il comune di napoli con l’alleanza dei monarchici, accentua i problemi che la città si trascina dietro da troppo tempo (favoritismi, assunzioni nepotiste e in favore dei fedelissimi, appalti di lavori affidati senza concorso, inosservanza delle leggi, confusione amministrativa), il giovane caruso si fa strada, incomincia a collaborare anche con artisti e poeti di fuori regione. è il caso di citare la collaborazione con il grande poeta avanguardista emilio villa, per es., che conosce a roma, unitamente a mario diacono. i suoi primi testi risalgono al 1962 e il suo primo libro-opera è del 1965, in collaborazione proprio con villa (all’upim è già natale).

conseguentemente, ricchi spunti villiani diventano corpose idee di come rinnovare la cultura napoletana, attinti anche nell’ambito della formazione crociano-gramsciana che ha caratterizzato la sinistra italiana dal dopoguerra fino al ’68. ma c’è la consapevolezza di un declino, di una sconfitta sul piano della vita culturale, nella poesia di caruso, dove, appunto, c’è questo prevalere di croce, mentre altri fermenti vengono drasticamente negati. il rapporto tra arte e impegno è un rapporto basato sull’utopia, sull’idea di poter cambiare il mondo attraverso il linguaggio. «la colonizzazione ha di nuovo riempito la città e i limiti della città sono anche i suoi limiti. l’esistente si dilata secondo un progetto di rimando platonico alle “idee” partendo dai supermercati dell’arte, dalle kermesses poetiche, dalle imitazioni underground e dall’editoria ufficiale, luoghi della prestazione dei ruoli e del riposo dopo la lotta o del riposo comunque, mentre giochetti culturali più o meno ingegnosi di operatori a mezzo servizio servirebbero da prove di esistenza e per accampare diritti di cittadinanza. i luoghi dell’assenza sono sempre gli stessi, gestiti per lo più dal solito giovanotto arrivista, nouvel maître à penser e avanguardista in parti bus infidelium da vendere agli indigeni, sfuso o a pacchetti». 1

l’inizio di una letteratura di ricerca o d’avanguardia si consolida già nell’ambiente universitario che caruso frequenta, diciamo così, “con la puzza sotto il naso”, con la riscoperta e la pubblicazione dei testi visivi di poeti latini medievali, che saranno anche argomenti della tesi di laurea carusiana. in quel periodo si rafforza anche la collaborazione con giovanni polara col quale aveva condiviso le scuole inferiori, e più avanti l’esperienza del gruppo e del foglio letterario “continuum” che caruso fonda con emilio villa e mario diacono: la loro passione di ricercatori di testi (o meglio di “carmi figurati”) tardo-latini, darà alle stampe juvenilia loeti. raccolta di poeti latini medievali 2 che faceva seguito a la poesia figurata nell’alto medioevo (poetica e storia delle idee) 3. il suo lavoro, sin da giovane, è rivolto alla scrittura visuale e materica, un’esigenza segnica che stratificandosi in scrittura emana corporeità, un linguaggio alchemico e misterioso. la materia da egli trattata è un caleidoscopio di smisurate sperimentazioni che si portano man mano al di là delle tracce verbali, per farsi globale espressione artistica, fino a dispiegarsi anche in forme concettuali. «la parola operale di luciano caruso (operale perché la parola si esprime in lui in libro/opera anziché in scrittura/testo) scorre tra le due rive della verbalità e della cosalità come un flusso in cui tra scrittura e oggetto si è formata una naturale intertestualità. il libro è pensato come l’ipertesto in cui la gesamtkunstwort 4 è gradualmente realizzata come esperienze inesauribili della intertestualità tra scrittura repressa della soggettività e frammentazione espressiva della oggettualità […] la pagina diventa la parola, la parola, diventa pagina. così caruso pratica un paradosso costante, dove la parola racchiude il testo. […] riduce la discorsività testuale a una mera esemplarità visiva, non perché essa non articoli un discorso, ma perché il discorso deve rimanere una fiction      drammatica» 4.

inizia a produrre poesia lineare, visuale, libri oggettuali e libri d’artista sin dal 1964, tenendo numerose mostre personali, partecipando ad altrettante collettive e pubblicando volumi anche di saggistica letteraria. il 1964 è anche l’anno in cui inizia a collaborare (a soli 20 anni) con la rivista «nord e sud») 5, fondata e diretta da francesco compagna, figura eminente nella vita culturale e politica di napoli e del sud e autore di centinaia di pubblicazioni tra saggi, articoli e libri, dagli anni cinquanta fino alla sua morte (1982).

ritornando a caruso, animatore di quasi tutte le riviste d’avanguardia movimenti e fogli che si sono sviluppati a napoli e oltre negli anni 1960-’70 è tutto un proliferare di scritti, saggi, note, libri oggettuali, libri d’artista, film, messe a punto e riscoperte, frutto di una costante volontà di guerriglia culturale. a proposito dell’illusione di cui sopra, di una città che non si è ancora svegliata dal torpore e dagli inganni di una mistificazione, caruso afferma che è pericolosa «e rientra nell’inganno più generale, in quel “silenzioso stridore del presente immobile”, che qui si vorrebbe svelare e denunciare, uno stridore così completo che non lo si sente più, che è diventato quasi “normale”, elemento fisso del paesaggio, tanto che la sua interruzione suona insolita violenza, ulteriore sopraffazione, frutto di una disperazione radicale e insopportabile, che ricorre ai colpi di una lucidità “anormale”, per mettere in evidenza l’orrore freddo che ci circonda» 6.

il singolare nichilismo e la volontà di negazione che lo spingono trovano, tuttavia, modo di manifestarsi in una serie di attraversamenti, di cui resta traccia sia nelle sue opere che nelle sue pubblicazioni: rifiuto di un disegno unitario affinato con intense “frequentazioni” di nietzsche, wittgenstein, artaud. studioso tra i più accreditati, non solo in italia, del movimento futurista e della poesia visiva e della neoavanguardia napoletana, tutta o gran parte dei movimenti e iniziative culturali sorti nell’ambito di un linguaggio d’avanguardia, recano in primis la firma di caruso. è sua l’idea e la realizzazione del gruppo “continuum”, un laboratorio di idee e proposte anticonformiste molto proficuo e importante per lo sviluppo di una cultura alternativa. è un percorso intricante, prezioso sussidio per quanti non hanno vissuto o non conoscono l’avanguardia napoletana che si è affermata negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. è tutto un proliferare di idee, un dipanarsi lungo la messa in discussione degli schemi, che in caruso si annida già dagli studi universitari, dagli studi di filosofia basati sugli insegnamenti crociani e gramsciani, e attraverso letture disordinate che andavano da vico a nietzsche, passando per wittgenstein. da qui il suo bisogno di rompere gli schemi, anche attraverso un impegno politico che lo conduce verso un’analisi “dal di dentro” delle condizioni di vita degli abitanti dei quartieri più degradati di napoli, una battaglia culturale che trasferisce nell’arte: tentare di liquidare «definitivamente la concezione ingenua del rapporto tra segno e realtà. ma la cosa più importante non è tanto il processo che rinvia il segno al reale, ma la comunità del segno e del reale immanente al linguaggio. nel pensiero di wittgenstein c’è la straordinaria scoperta di una fenomenologia delle passioni all’interno del linguaggio o, meglio, la percezione che, attraverso il linguaggio, il lavoro vivo e le passioni producono la realtà» 7. prerogative che caruso tramuta in materia da modellare continuamente, in gesto poietico, elementi che troviamo anche nel gruppo e nella rivista d’avanguardia “continuum”, centro di pulsione culturale durante la sua permanenza a napoli. «l’attività poetica è diventata una continua invenzione, una creazione quotidiana (re-invenzione poetica del quotidiano), la poesia tende a essere non più esercizio letterario (sui sintagmi e il linguaggio usato) ma azione, anzi gesto-a divenire sempre più scrittura oggetto. la nuova poesia in italia [...] si nega recisamente come poesia (anzi cerca il nuovo-mentale negando se stessa) ‒ per giungere a una zona o stadio di possibili intercomunicazioni ‒ rivoluzionando con processi poetici  tutti i possibili mezzi che ha l’uomo: anche il gesto di una mano è una scrittura comunicabile» 8. l’impegno culturale e politico dei primi anni, nasce tutto all’interno del gruppo “continuum”, un’iperbole che si chiuderà poi, a forma di cerchio, negli ultimi anni della sua vita, quando decide di ritornare all’alchimia e manipolazione della materia. ciò che interessa, smuovendo e allargando gli specifici della letteratura, scegliendo magari «nel fuori nulla, […] la volontà di rimanere ignoti, opposti alla trama aliena del reale-sociale» 9, è la condizione del poeta, il perché si è poeta fino all’esaurimento, in una società priva di forti richiami e “irraggiungibile”. agli epigoni di una letteratura effimera, che troveranno ospitalità, due anni dopo, nell’antologia poetica la parola innamorata del duo pontiggia – di mauro, si preferisce far ricorso a soluzioni fonetiche e grafiche di una determinata area letteraria, aperta a un campo di ricerca più ampio, a un cambiamento storico.

intanto la letteratura napoletana sembra preferire l’intercodice di una verbovisualità alchemica e ipertrofica, grazie soprattutto al contributo – sia critico che creativo – e all’ottima conoscenza nel campo delle arti visive di caruso, il quale riesce a unire, in questa terra di endemica precarietà, gli artisti più importanti del momento, sia attraverso le pagine di «continuum» sia attraverso le pubblicazioni di una nuova sigla editoriale (e uno spazio espositivo tra i più importanti della città), visual art center, che realizza tra il 1974 e il 1975 dei “patterns”, una serie di 40 volumetti di cm. 8,5 x 6,5, annoverando pubblicazioni di emilio villa, vincenzo accame, felice piemontese, enrico bugli, franco magro, giuliano della casa, stelio maria martini, dello stesso caruso e di altri; le antologie la poesia lettrista, poesia visuale futurista e numerosi cataloghi, nonché importanti mostre e raccolta di materiali per una storia della poesia visuale e sperimentale non solo napoletana.

senza essere smentiti, possiamo affermare che, grazie a caruso qualcosa si muove, il gesto poi/etico prende forma e posizione. «ora se il gesto poetico era stato una ricognizione sul terreno della creatività e dei possibili interlocutori in tal senso, sul versante opposto si levava la critica radicale di continuum all’esistente, ritenuto non necessario, e pertanto si negavano i ruoli, si negava la poesia come funzione del sistema e spazio riservato per imbavagliare il poeta: «il poeta è una smagliatura del sistema» (caruso, la pagina nera). su tali presupposti fu subito chiarito da continuum [cioè, da caruso] che non poteva esservi spazio alcuno per gruppi politici “specializzati”: essi infatti potevano anche illudersi di fare opera di “penetrazione tra le masse” ma, separati come erano proprio per la loro specializzazione, finivano solo per esaltarsi, auto-idealizzandosi come forze autonome e potenti (lettera a di marco/per tropico). si vide presto che ciò portò solo a risultati di morte. per continuum i termini della questione erano essenzialmente poi/etici e fu questo il fondamento della critica radicale della disoccupazione mentale, orrifico catalogo della città» 10, curato da caruso. la fregola di quantificare piuttosto che qualificare, viene abbandonata al proprio destino. tra discussioni e prese di posizioni (la rottura con l’attore e regista renato carpentieri, uno dei componenti del gruppo), caruso (anche sul versante politico, con idee e lotte ferrate, tali da procurargli minacce di morte dagli stessi appartenenti della sua area politica e culturale, ossia dall’unione marxsista-leninista) dimostra di saper conoscere bene la situazione letteraria che lo circonda, anche quella sotterranea all’ufficialità, se tra i primi è riuscito a individuare in emilio villa i lineamenti del grande poeta, ingiustamente trascurato, di aver contribuito, più di altri, alla riscoperta di esperienze letterarie e politiche troppo presto dimenticate (il lettrismo, la rivoluzione culturale, il movimento situazionista francese, il vecchio e nuovo bauhaus, le ultime avanguardie). dimostra che esse, proprio perché lontane dalla razionalità e dai rapporti mercificabili dell’esistente, possono proporsi come elementi che giocano di anticipo. essendo libere dal rigore storico, possono allargare il limite imposto da una restaurazione ipocrita e fascista, spaziare in un campo mentale “incontrollabile”, “fuori”… di ogni limite. anche se fuori dell’esistente mantiene ben saldo un principio basilare: non porre nessun limite al linguaggio. la sua “atarassia”, oltre che annullare i presupposti di un uso comune, esalta l’anarchia del non/essere, del non/essere ragione, per non essere convenzione. e se spesso i fatti importanti non riusciamo a scorgerli, continuamente alterati dal calcolo delle tautologie, dal rafforzarsi dell’establishment culturale, che hanno reso vano ogni tentativo di riconoscere e interpretare la letteratura di quegli anni, i progetti – sia che essi orientino la risposta del pubblico sulla materialità del testo, sia che pongano la dimensione del gesto violentemente oltre la contemplazione estetica tradizionale – non possono che preordinare il nulla, o «per tappe successive, una […] ribellione di fronte all’eterno ribadirsi della citazione e dell’esistente, […] dello scorrere oscuro del desiderio» 11 narcisista.

l’impegno politico è fondamentale nel percorso artistico di luciano, ma anche la citazione, intesa come analisi del malessere, dato dalla banalità delle istituzioni, ed «è sempre auto rappresentazione, è lo strumento adatto a dire di sé ed è insieme”critica della ragion poetica in atto”, visto che è sempre e qualche volta in modo più evidente, frutto del disagio. per questo la citazione non appartiene allo scenario, allo sfondo: è l’oggetto di se stessa, al centro della rappresentazione: modello del discorso e discorso essa stessa, che trae nutrimento e forza da questa apparente contraddizione, su cui invece si fonda» 12.

ormai appartengono alla storia le sue dure ed intelligenti prese di posizione contro certi atteggiamenti stagnanti di un modo di fare all’interno dei paradigmi discorsivi approssimativi e superficiali, al punto di attirarsi addosso le antipatie e le gelosie di molti, oltre che le dovute ammirazioni per la sua mente lucida e creativa sempre un passo avanti agli altri. ormai appartengono alla storia le sue dure ed intelligenti prese di posizione contro certi atteggiamenti stagnanti di un modo di fare approssimativo e stagnante. certo è che fare il poeta a napoli è come tentare di volare senz’ali, sostanza facilmente solubile da un postmoderno che, rivalutato i dogmi che un tempo non tanto recente furono messi alla gogna e riconciliatosi con le aporie tradizionali, viaggia (per modo di dire!) verso il costituito, verso la rinuncia a ridefinire i confini del fare. i numerosi dibattiti sulla poesia che pure si son tenuti in questa città ‒ con caruso tra i protagonisti ‒, non hanno risolto il problema; anzi, hanno rimosso maggiormente quello che si va dicendo da tempo, cioè che la cultura napoletana mostra (sguazzandovi) i suoi caratteri violenti, la sua aura demo-camorristica, una specie di multinazionale del facile guadagno. tuttavia, per le strade si avverte un certo lamento, una forte incazzatura: si lamentano un po’ tutti, ma nessuno fa niente per migliorare lo status quo di dove vive (e viverci, credeteci, esige un grosso sacrificio), specialmente i giovani che vorrebbero tutto e subito o la collaborazione del vecchio artista come passepartout per entrare dal grande editore. ad offrire che cosa? insomma, sembra che conti solamente avere dei buoni agganci. e il fare della buona letteratura, lontano da teorie molli e fasulle, da strade già battute o dalla felicità effimera di apparire nel tubo catodico, non entra nel compito del poeta, prima del riconoscimento e degli applausi?

questi aspetti divergenti del cammino della letteratura napoletana, sono scaturiti in primis dal comportamento irresponsabile della società nei confronti di tutto ciò che appare nuovo, deforme, incontrollabile, e da un sistema produttivo (anche editoriale) che genera stereotipi a suon di quattrini. è da questo punto di vista, da questa insolente posizione votata ad una disoccupazione mentale anche da parte dei suoi compagni di strada che incominciavano a farsi gettare il famoso asciugamani sul ring, che nel 1976 decide di abbandonare napoli, suo malgrado, preferisce respirare un’aria meno “soffocante e inquinata”, ossia quella di firenze, senza mai smettere di “essere poeta” fino alla sua morte.

non tanto le problematiche quanto la coscienza di viverle in prima persona è l’assenza maggiore che avverte caruso nella città partenopea, dove la poiesis è costretta ad autogestirsi e sopravvivere in un mondo dove si vende il proprio “mestiere di poeta”  al miglior offerente. la violenza ormai è nelle cose. pochi i passaggi irrinunciabili e da considerare. l’azione e la ricerca di nuovi moduli vivibili e abitabili si certificano con disegni criminosi, con nuove suggestioni metafisiche e giaculatorie, in modo da garantire la vendita di un “prodotto” tautologico. ancora una volta prevale il senso contrario delle cose, il rifiuto a ripercorrere se stessi, a disegnare una “mappa” ironizzante che dia al “fare poetico” distinzioni e fondatezza, effettiva competenza, anziché carnevalizzazioni e plurime codificazioni di una koinè arrogante e mistificante.

per tutta la vita ha tenuto fede al suo personaggio dissacrante e ad una scelta di vita, ad una letteratura decisamente off all’insegna del fallimento ma in tutta coscienza e consapevolezza, come d’altronde è ed è stata l’avanguardia di questi anni, la scrittura alternativa all’esistente, appunto, in quest’epoca di industrializzazione del pensiero, dove «la faccenda spesso è patetica – ama dire – ma qui si rasenta la fogna mentale», postulando ogni sua realizzazione immediata ad un tempo ancora da venire. d’altronde ogni artista innovatore ha ben presente questo concetto: nonostante tutto prosegue nel suo intento, persegue il suo sogno, con l’auspicio che un giorno la società possa accoglierlo. insomma, caruso si può definire un futurista contemporaneo, nell’accezione più nobile del movimento d’avanguardia dei primi del ‘900. «luciano intercetta tante concordanze col movimento fondato da marinetti di situazioni contemporanee in svolgimento. innanzitutto, la critica radicale dei francofortesi, tra cui egli privilegia marcuse, cioè l’uomo a una dimensione, quindi, il situazionismo e non solo, e insieme, le tesi, i dibattiti, le esperienze variamente articolate dei movimenti (che tendono a essere un movimento complessivo e unitario) di proteste globali del secondo novecento 13, che lui assume a essenziale punto di riferimento in particolare per i suggerimenti che se ne possono ricavare a non rendere sterile la propria indignazione, ma a incanalarla invece costruttivamente in direzione rivoluzionaria. assumendo, però, puntualmente e sempre il futurismo a stemma di indicazioni archetipiche, mentre viene metabolizzando (e pareggiando con esso) acquisti essenziali della cultura moderna, come il nietzschianesimo con la sua azione di smontaggio e messa alla berlina dei concetti di verità e di altri valori affini a favore della scommessa sul gioco, sul segno, sull’ironia, come il freudismo con la sua rottamazione del soggetto (che in luciano diventa “soggetto”), della coscienza di sé, delle pretese di identità, come la fenomenologia con la sua frantumazione dell’ontologia e della metafisica.

non dobbiamo dimenticare che luciano, fin da giovanissimo si è nutrito di letture e di meditazioni filosofiche e che ha osservato attraverso il filtro dei dibattiti filosofici le questioni di varia umanità e di varia cultura e che, sotto tale aspetto, si distingue da molti artisti e intellettuali di indirizzo sperimentale, che spesso hanno usato la filosofia semplicemente come un fiore all’occhiello. il futurismo come weltanschauung, tuttavia, è stato costantemente la sua bussola di navigazione» 14.

luciano se ne va una settimana prima di natale, a 58 anni, ancora nel pieno della sua maturità di uomo e di artista, vissuti interamente per una scrittura trasgressiva, del dissenso estetico e poietico, come continuo rifiuto della “società spettacolo”. una scrittura anarchica, alchemica, fonte di vita, di quella vita che gli dà anche diverse soddisfazioni, dispiegata lontana dalle mode, dove convivono tendenze più disparate della “società dello spettacolo” votata ad un generico postmodernismo. «e questo – dice nell’articolo alcuni appunti sulla consistenza dell’essere, nel mentre va affermando che l’opposizione si debba materializzare indagando il “presente” – tanto più “importa”, quanto più il luogo del rifiuto è scomodo ed impone di continuare a ribadire la propria presenza, come quella di protagonisti di una opposizione, dagli esiti imprevedibili ma capaci nello stesso tempo di rimettersi in discussione» 15.

dicevo all’inizio di tratteggiare anche l’aspetto umano di caruso. e per essere totalmente imparziale, vorrei farlo emergere attraverso un attestato di stima di mario diacono: «caro luciano, giustamente, ti devo la prima lettera del primo anno del primo secolo del terzo millennio. ho ricevuto, proprio alla fine del duemila, il quinto quaderno di risvolti che mi è stato in buona parte dedicato, e la cosa più importante del quaderno per me è senza dubbio costituita dal tuo magnifico attestato. che per me è già diventato un componente indispensabile del mio lavoro. come se tutte le mie inconfessate aspirazioni a una ri-esistenza della “letteratura” avessero d’un tratto trovato una giustificazione nell’avvenuta scrittura del tuo testo, che è diventato una vera e propria collaborazione ai miei testi. devo dire che sono rimasto sorpreso dalla finezza del tuo orecchio – nel senso che i trentacinque anni e più di comunicazione che ci sono stati tra di noi hanno davvero trovato in te una sensibilità di ascolto e una capacità di responsione che francamente ritenevo i nostri tempi non permettessero più. il modo in cui la spezzatura delle frasi amplifica l’intensità della scrittura esigendo la partecipazione del lettore alla costruzione del significato è una strategia di “nascondimento e rivelazione” che funziona a meraviglia (e che esalta la sua sovversione con l’understatement del locus di pubblicazione in cui è avvenuta). ma che potrebbe anche diventare la prossima cifra d’instaurazione della tua critica. per lo meno della tua critica “espressiva” (in quanto altra dalla tua critica “informativa”). credo che ci sono pochissimi altri scrittori di questi ultimi cinquant’anni che abbiano avuto la fortuna di aver incontrato un ritratto così definitivo della loro “presenza postuma”».

sull’aspetto umano, in particolare sulla libertà di espressione, si sofferma anche giovanni polara, suo amico e sodale sin dalle scuole medie inferiori. tra stralci di lettere intercorse tra i due e pubblicati di recente sul n. 20 della rivista risvolti, interamente dedicato a caruso, si legge: «questa libertà gli veniva dal rifiuto di qualunque subordinazione lontanamente retribuita e dall’autonomia che gli davano l’insegnamento nella scuola [secondaria] conquistato con un regolare e faticoso percorso, ma soprattutto i suoi studi e la sua erudizione, che ne facevano uno spietato e temuto nemico di qualunque dilettantesca improvvisazione» 16. ma caruso è anche deluso dalla vita e dalla cultura non solo napoletana, tuttavia mai arrendevole come riportato nella lettera del novembre 1993: «la nostra presenza ancora testimonia qualcosa di meno tremendo di quello che ci sta intorno, anche se costa fatica – e degli arnaldi siamo rimasti noi e non è poco […] la mia paura è solo quella di non farcela, sono stanco e stanco, ma stringo ancora i denti e tiro la carretta, forse perché non so fare altro e in un altro modo – e i camaldoli possono aspettare – in quanto a miradois si sale sempre per gradini, ma ora come allora non apparteniamo al naufragio» 17.


1 luciano caruso, contributi per una storia dei gruppi culturali a napoli (1858-80), in l’impassibile naufrago. le riviste sperimentali a napoli negli anni ’60 e ’70, a cura di s. m. martini, guida, napoli 1986, pp. 176-7.

2 napoli, i.s.e., 1968.

3 lerici, roma, 1969.

4 m., presentazione  a l. caruso, “calligrammi e altri calligrammi”, belforte editore, livorno, 1990, pp. 4-5.

5 «nord e sud», rivista mensile di politica e cultura, fu fondata e diretta da francesco compagna, giornalista ed eminente politico napoletano (o meglio, meridionalista) della sinistra del partito liberale, rifondato da benedetto croce, e dal liberalismo crociano parte il suo percorso intellettuale e politico, per poi passare al partito radicale, a quello repubblicano fino a ricoprire il ruolo di ministro dei lavori pubblici nel v governo andreotti e in quello di forlani. sul piano culturale la rivista si confrontava con le varie forze intellettuali di napoli e in genere il mezzogiorno. e risente della formazione culturale-politica del suo fondatore, a partire dall'iscrizione nel 1947 all’istituto di studi storici appena fondato da benedetto croce, dove aveva incontrato ugo la malfa e aveva coltivato forti interessi culturali, politici e umani. compagna entrò presto in politica con atteggiamento polemico verso la destra, che nel sud acquistava “connotati sanfedisti e nazionalisti”, critico verso la democrazia cristiana, cui rimproverava di acquisire col clientelismo i consensi della piccola borghesia, ostile al massimalismo comunista, argomentando che gli “interessi di vita del mezzogiorno non possono essere rappresentati che da formazioni genuinamente democratiche”. formazioni che per compagna saranno poi rappresentate dal partito repubblicano, con il quale si candiderà al parlamento intraprendendo una carriera che gli farà ricoprire importanti cariche governative, come quella di ministro dei lavori pubblici e della marina mercantile, fino a quella di sottosegretario alla presidenza del consiglio nel governo presieduto da giovanni spadolini nel 1981. tra i collaboratori si ricordano nello ajello, pasquale saraceno, antonio rao, pasquale colella, luigi sturzo, giuliano gramigna, antonio piromalli, antonio spinosa, nicola chiaromonte, vittorio de capriis, montanelli, piovene, levi, etc.

6 caruso, l., teoria della violenza e violenza della teoria, in «uomini e idee», anno xviii, n. 1, napoli, aprile 1975, p. 10.

7 negri, a., il ritorno. quasi un’autobiografia, rizzoli, 2003, p. 258.

8 caruso, l., la poesia come gestazione mentale, editor.  al n. 18 di «uomini e idee», napoli, 1968. ora in il pifferaio magico, introd. a www.archiviolucianocaruso.wix.com.

9 caruso, l. – martini, s.m. – visco, f., etc., idea per una storia dell’off (kulchur) in italia, in «ana eccetera», n. 8, genova, 1969; ora in continuum. contributi…, op. cit., p. 102.

10 martini, s.m., l’avanguardia a napoli, in aa. vv., l’impassibile naufrago…, cit., p. 30.

11 caruso, l., continuum, in continuum. contributi…, op. cit., p. 6.

12 id., l’ossessione del deperimento, in aa. vv., l’impassibile naufrago…, cit., p. 141.

13 sulle motivazioni e le vicende diversificate, ma sotterraneamente consonanti, dei movimenti di protesta globali esiste una letteratura sconfinata, di cui ci si limita a citare uno dei libri più icastici e significativi del filosofo-guru david graeber, rivoluzione: istruzioni per l’uso, bur, milano, 2012.

14 piscopo, u., il cerchio non si chiude, in «risvolti, n. 20, ns, quarto-napoli, marzo 2014, p. 31.

15 ultimo scritto critico che ci aveva spedito per il foglio di risvolti n. 5, che avrebbe dovuto intitolarsi berlusconi, un presidente poeta, ma non vide mai la luce. pensammo allora di pubblicare l’interessante scritto di caruso nel n. 12 di «risvolti» (ottobre 2004), quasi due anni dopo la sua morte.

16 polara, g., luciano, ivi., p. 39.

17 ivi., p. 41.



immagini


e.villa – l. caruso, all’upim è già natale

l. caruso, specimen (paralettrista), 1996 (foto di s. puccetti)

l.caruso, specimen (paralettrista), 1996 (foto di s. puccetti)

l.caruso, un aprile dipinto

l. caruso, l’oasi (foto di f. martelli)

l. caruso, per la storia. se il sogno